La capacità di generare dei figli vivene data per scontata come evento naturale, finche non ci si scontra con la realta dell’infertilità,
La scoperta dell’impossibilità o della difficoltà di avere figli in una coppia rappresenta, sempre più frequentemente, una delle possibili esperienze traumatiche durante la storia di una coppia.
Le motivazioni possono essere diverse: sterilità, infertilità o il fatto che la coppia sia portatrice di malattie genetiche ereditarie.
Nel momento in cui la difficoltà o l’impossibilità di avere dei figli diviene una esperienza reale, nella coppia si determina spesso una crisi che nel tempo muta ed attiva frequentemente una richiesta di aiuto sia a livello biologico che psicologico.
e coppie si rendono conto che in questo momento delicato è necessario avere un supporto psicologico, infatti il 97% di coloro che si rivolgono a un centro per il trattamento della sterilità afferma che il servizio psicologico è necessario, mentre il 50% richiede un’assistenza psicologica o psicoterapeutica in prima persona (Daniluk, 1988).
La diagnosi di infertilità rappresenta un vero e proprio lutto, inteso come perdita del figlio immaginato e desiderata e come perdita della propria identità di persona in grado di generare.
All’inizio si vive uno stato di shock, di negazione del problema o di incredulità. A questo spesso seguono emozioni di rabbia profonda, di delusione, di disperazione, di colpa e vergogna.
Spesso porta vissuti depressivi con calo dell’autostima senso di inadeguatezza, setirsi difettosi.
La donna da sempre è considerata con il ruolo di mamma, il binomio donna-mamma è sempre molto forte nonostante nella nostra società essa abbia anche assunto funzioni importanti anche nel lavoro. L’idea della realizzazione personale avvenga dando alla luce un figlio. L’identità femminile èancora intimamente associata alla maternità.
L’infertilità può essere ritenuto il piu grande problema della vita di una donna che ricerca la maternità per ristabilire l’identitò di genere, è una profonda ferita narcisistica
Per l’uomo in perticolare la capacitò di procreare è legata al senso di virilità e di potenza sessuale.
L’uomo inoltre prova spesso sensi di colpa e sofferenza poiché è la donna che deve sottoporsi allo stress fisico per i trattamenti e gli interventi per l’infertilità.Infatti alcuni studi mostrano come spesso sia associato a reazioni psicosomatiche di calo del desiderio fino all’impotenza temporanea.
Spesso la coppia si trova a vivere una vera e propria crisi relazionale, legata anche alla difficoltà o impossibilità di parlare del problema, dei propri desideri e delle proprie emozioni per paura di far soffrire l’altro o di provocare reazioni di rabbia o incomprensione. A volte la donna non sente compreso il suo dolore, può accusare il partener di non condividere lo stesso desiderio di avere un figlio.
Molto spesso la mancata realizzazione del desiderio di avere un figlio, o comunque l’estrema difficoltà con la quale si può realizzare tale desiderio, porta la coppia a viversi come non-generativa su piani diversi e più complessi.
Quello che, invece, è importante salvaguardare è proprio il senso della coppia come generativa e vitale anche in una situazione in cui la realizzazione del desiderio della nascita di un figlio sembra estremamente difficile e dolorosa.
Talvolta una delle conseguenze è l’isolamento sociale, rabbia e invidia verso amici e parenti che hanno dei figli, impossibilità di parlare e condividere il problema per vergogna
Il ruolo della psicologia non risiede tanto nel nel lavorare su fattori psicologici che potrebbero causare l’infertilità come si riteneva in passato ma sugli effetti psicolocici dell’infertilità e delle tecniche di procreazione assistita, cioe, sulle difficoltà e sul disagio e sullo stress che la coppia deve affrontare.
Dopo la diagnosi di infertilità alla coppia possono essere proposte tecniche di procreazione assistita di vario tipo.
Itrattamenti di solito risultano impegnativi sia fisicamente che psicologicamente, sono spesso lunghi e costosi,sono percosi stressanti e carichi di dubbi, paure, speranze. L’impossibilità di prevedere il risultato, l’incertezza e la mancanza di controllo possono generare ansia e i fallimenti possono creare depressione, frustrazione e rabbia.
Affrontare i percorsi di Procreazione assistita
Molte coppie si rendono conto che in questo momento delicato è necessario avere un supporto psicologico, infatti il 97% di coloro che si rivolgono a un centro per il trattamento della sterilità afferma che il servizio psicologico è necessario, mentre il 50% richiede un’assistenza psicologica o psicoterapeutica in prima persona (Daniluk, 1988).
Dal punto di vista della donna:
durante le cure, certe donne potrebbero coinvolgersi tanto da percepire in modo “ossessivo” il concepimento. Il cibo che mangiano, gli abiti che acquistano, l’esercizio fisico, l’attività sessuale, possono venire subordinati al fatto di essere o meno in fase preovulatoria o premestruale. Come risultato, esse possono divenire nervose, accusare difficoltà di concentrazione nelle attività quotidiane e avere disturbi del sonno.
La donna, soprattutto nel periodo di tempo che precede l’ingresso nella sala operatoria, potrebbe temere della propria incolumità fisica e dell’esito negativo dell’intervento Medico.
Possono svilupparsi nella donna timori relativi agli effetti dell’anestesia operatoria.
L’ansia sembra predominare in quelle donne che si accingono a sperimentare, per la prima volta, l’esperienza di un Ciclo di Trattamento di PMA.
Questa situazione può essere vissuta dalla donna con un certo grado di ansia e di disagio emotivo.
E’ importante che in questi frangenti il partner possa accompagnare e sostenere la sua compagna, prima e dopo l’ingresso nella sala operatoria. Le donne, nel sottoporsi a tutte le analisi e visite Mediche, possono avere l’impressione di non essere più padrone di se stesse: del proprio copro e della propria mente. Per contrasto altre donne possono essere convinte di esercitare un controllo sull’esistenza proprio sottoponendosi alle analisi e alle cure Mediche e di fare qualcosa di concreto per riuscire a risolvere il problema. Se una Terapia o ciclo di Trattamento fallisse, sembra difficile mantenere un atteggiamento ottimista: i sentimenti femminili possono fluttuare tra la speranza e la disperazione.
Dal punto di vista dell’uomo:
il partner, durante il periodo del Trattamento di PMA, potrebbe sentirsi emarginato e “passivizzato” se non sufficientemente informato e reso affettivamente partecipe delle cure Mediche a cui la sua partner è sottoposta.
L’uomo potrebbe anche sentirsi affettivamente “trascurato” perchè l’attenzione della sua compagna può essere rivolta più su se stessa, sul suo corpo e sulle Terapie Mediche, che non sulla presenza e i bisogni di lui. Il sostegno emotivo che certi uomini offrono in questi momenti alle loro compagne, potrebbe non essere apertamente riconosciuto aumentando così, in lui, la possibilità di percepirsi non compreso e “inutile” agli occhi della persona
amata. Quindi in questa situazione l’uomo potrebbe manifestare un umore depresso. Se il disagio psicologico percepito dal partner fosse marcato, allora può essere opportuno rivolgersi a uno Psicologo per una consultazione specialistica. Aspetti relativi al comportamento sessuale: il piacere sessuale nella coppia può diminuire, perché esso non costituisce più la finalità principale del rapporto sessuale, essendo finalizzata esclusivamente ai tentativi, programmati, di procreare.
Aspetti emotivi dopo il Trattamento e in attesa della comunicazione degli esiti
Durante i 12-14 giorni successivi al trasferimento degli embrioni (se FIVET), per entrambi i membri della coppia, non c’è praticamente nulla da fare per migliorare la probabilità di gravidanza, oltre ad attenersi strettamente alle prescrizioni dei Medici.
Nei giorni immediatamente successivi l’intervento di fecondazione medica assistita, può presentarsi la difficoltà psicologica relativa al profondo vissuto d’impotenza percepibile da entrambi i partners. Tale sentimento d’impotenza dovrebbe diminuire la sua intensità e, dopo alcuni giorni, lasciare il posto a una consapevole accettazione dell’impossibilità di fare qualcosa per migliorare gli esiti del Trattamento di PMA.
Questo è il periodo in cui le donne interrogano il proprio corpo, alla ricerca di segnali precoci di successo o di fallimento, una lettura che è molto difficile e che è causa di numerose telefonate al medico o di richieste di visite specialistiche.
La paura maggiore consiste in quella di perdere gli embrioni o comunque in quella di poter affrontare, dopo tanti sacrifici, l’esperienza di una nuova delusione.
Queste due settimane dovrebbero essere vissute come un periodo di “vita sospesa”, nella consapevolezza che in questo lasso di tempo non esistono terapie utili, comportamenti convenienti o messaggi cifrati del corpo per cui attivarsi.
I rimedi all’ansia e ai timori, caratteristici di questo periodo di attesa, possono essere diversi a seconda della loro intensità.
Ancora una volta, il disagio psicologico può essere contenuto, dalla coppia, attraverso il ricorso al reciproco sostegno. Anche l’impegno in attività che possano, in qualche modo, distogliere il proprio pensiero dalle questioni inerenti all’esperienza da poco conclusa, può facilitare il controllo esercitabile dalla coppia stessa, nei confronti dello stress e del disagio legato al Trattamento di PMA: andare al cinema, a teatro, fare una passeggiata (condizioni mediche permettendo), prima di coricarsi leggere qualche pagina di un libro, ecc.. Invece, nelle situazioni di coppia in cui, l’ansia e i timori abbiano un’intensità tale da rendere difficilmente sopportabile la tensione psicologica percepita o disturbare notevolmente il sonno, allora potrebbe essere opportuno rivolgersi a uno Psicologo per una Consulenza Specialistica o, eventualmente, a un Medico per la prescrizione controllata di psicofarmaci.
Aspetti psicologici legati al fallimento della PMA
La donna, principale protagonista della terapia potrebbe avere un’esperienza di perdita psicologica sotto certi aspetti simile a quella dell’aborto o del lutto per una persona cara, con la differenza che questa volta si tratta di restare a braccia vuote dopo un percorso a ostacoli che ha promesso come premio di tanti sforzi la realizzazione di un progetto annunciato e a lungo, pervicacemente perseguito.
Di fronte al fallimento del tentativo l’incapacità del proprio corpo potrebbe farsi palese, imbarazzante, soprattutto in confronto ad altre pazienti con le quali si è condiviso l’iter procreativo, al Medico curante che si è prodigato, ai parenti ed agli amici fiduciosi che tutto si sarebbe risolto per il meglio.
Un periodo di umore depresso potrebbe conseguire a certi casi di fallimento a cui si possono associare sintomi somatici. Sembra che i sentimenti depressivi possano essere più probabili e di maggior intensità-durata per quelle donne e uomini che hanno già sperimentato diversi Cicli di concepimento assistito con esito negativo.
Il desiderio allora può investire solo ciò che non si è riuscito ad ottenere, la mancanza che lo alimenta può rinfocolarlo sino a renderlo molto coinvolgente.
Il grembo della donna che desidera un figlio pur non potendo, può essere vuoto, ma mai la sua mente.
La fallita realizzazione del “sogno” getta sul figlio desiderato da tempo l’ombra della malinconia, di contro il tentativo di reazione della donna potrebbe assumere aspetti misti caratterizzati da sentimenti depressivi e iperattività.
Un’alternanza ciclica che, nei casi meno felici, potrebbe riproporsi ogni mese, quando l’ovulazione rinnova quella speranza di fertilità e che ogni mestruazione trasforma poi in delusione.
Quando predomina l’aspetto malinconico la donna potrebbe, nelle situazioni depressive più difficili, avere bisogno quanto meno di un sostegno psicologico da parte di un professionista.
Altre volte, può essere utile rivolgersi al Medico Specialista per iniziare una terapia farmacologica ad integrazione dell’eventuale Psicoterapia.
Infine, nelle situazioni caratterizzate da un disagio emotivo la cui intensità sembra non invalidare lo svolgimento delle attività della vita quotidiana, sociale e lavorativa, può essere sufficiente l’opera di sostegno esercitata dalla sensibilità del partner, dei parenti e degli amici.
Gravidanza da PMA
La gravidanza prodotta da una fecondazione medicalmente assistita porta con sé nella coppia il dubbio della normalità del bambino. La maggior parte delle pazienti chiederà controlli specifici come, per esempio, amniocentesi, prelievi dei villi, profili ecografici fetali.
L’importanza delle prove superate, delle delusioni e sofferenze subite, la complessità delle tecniche, fanno sì che per 9 mesi tutto si possa caricare di tensioni e di significati particolari.
Ne può derivare che, se nei casi di fertilità, una donna gravida si reca dal Medico circa otto volte durante tutto il periodo della gravidanza, una donna che aspetta di partorire dopo un Trattamento di PMA, tenderà invece a richiedere controlli e visite mediche più frequentemente. Essa probabilmente prenderà più farmaci, accuserà più dolori e nausea, starà più a letto, piangerà più spesso di quanto non accada alla donna non sottoposta a Trattamento di PMA.
Anche i timori relativi alla possibilità di fare l’esperienza di aborto spontaneo sono frequenti.
Lo stesso dicasi per la preoccupazione legata alle implicazioni fisiologiche come le complicanze perinatali o a quelle psicologiche, come la difficoltà di gestione dei figli, nel caso in cui il Medico prospettasse una gravidanza plurima bigemellare o trigemmellare (quest’ultima alquanto rara).
Aspetti relativi al comportamento sessuale:
Durante il I° trimestre di gravidanza, alcuni disagi possono presentarsi a causa della diminuzione del desiderio e della soddisfazione sessuale legati in parte, ai sintomi fisici disturbanti che accompagnano tutte le gestanti (nausea, astenia e sonnolenza) e in parte al timore di danneggiare il progredire della gravidanza stessa.
Nel II° trimestre, se non ci sono problematiche di ordine medico e psicologico-relazionale, la coppia può vivere una buona intesa sessuale, perché si avvicina sempre più la speranza di poter finalmente appagare il desiderio procreativo: la disponibilità a darsi all’altro può essere ad un alto livello. Inoltre, sul piano fisiologico, dal II° trimestre si manifesta la massima vasocongestione dell’orifizio vaginale durante l’eccitamento, con l’aumentata possibilità di soddisfazione per la donna gravida.
Nel III° trimestre si può manifestare nuovamente una riduzione dell’attività sessuale anche per le difficoltà fisiche: volume dell’addome, dolori lombari, senso di fatica.
Ma potrebbero intervenire, nella riduzione della vita sessuale, tanto nell’uomo che nella donna, anche fattori psico-emotivi quale per esempio: il timore di “far male” al feto durante i rapporti.
Verso la fine della gravidanza un’ulteriore motivo per la riduzione dell’attività sessuale può consistere nella paura legata all’esperienza del parto: alle fantasie legate al dolore e al timore per la normalità del figlio, con i sogni a volte strani e drammatici che potrebbero anticipare l’evento del parto.
Aspetti psicologici nel Puerperio
Aspetti relativi al vissuto femminile post-partum: Nella prima settimana dopo la nascita di un figlio, alcune madri possono percepire una passeggera disforia che si può manifestare in pianto, senso di depressione, confusione, ansia ed insonnia, spesso mescolati a sentimenti di grande gioia. In genere questo stato si può manifestare per qualche giorno dopo il parto ma sembra raggiungere il suo apice all’incirca il quinto giorno. Per accogliere senza remore il bambino nato da un Trattamento di PMA eterologo, occorre che la coppia riconosca e accetti che il figlio proviene dal seme di un altro uomo e/o da un’ovocita di un’altra donna: da una storia che non conosciamo. Solo così il nuovo venuto sarà accettato per quello che è: un bambino che diviene figlio. Il figlio potrà essere amato più e meglio di quello altrimenti nato, purchè non lo si sovrapponga a una figura che non gli corrisponde. In caso contrario l’illusione rischia di trasformarsi in delusione, visto che nessuno può sostituire pienamente un’altra persona, soprattutto un’immagine idealizzata che non è mai stata confrontata con la realtà. Aspetti relativi al comportamento sessuale: Nel dopo parto numerose donne sono disponibili assai lentamente alla ripresa delle attività sessuali, segnalando al proprio partner una condizione di affaticamento, di dolori e diminuita sensibilità. In assenza di complicazioni mediche post-partum, la maggior parte delle puerpere può giungere alla ripresa dei rapporti sessuali entro 6-8 settimane dal parto.
Risvolti psicologici a carico del nascituro
La personalità di un bambino non è autofondata, si costruisce progressivamente attraverso le relazioni con gli altri, primi fra tutti la madre e il padre. Perché questo processo di crescita psicologica individuale possa avvenire, sono necessarie figure di riferimento alle quali identificarsi, ma da cui prendere anche le distanze. E’ probabile che nel tempo, il bambino che diviene ragazzo, possa interrogarsi sulle proprie origini: questo costituisce un momento del ciclo di vita in cui può essere utile (da parte dei genitori) ricorrere ad una Consulenza Psicologica Specialistica al fine di evitare comunicazioni che possano, in qualche modo, nuocere allo sviluppo emotivo e affettivo del giovane uomo.